Di fiori e cimiteri

Finisce la vita:
si va al cimitero
con fiori, memorie
e
un pensiero.
Ma il morto è morto, 
non parla mica, e no,
nemmeno presta ascolto.
Il vivo però ci va: 
si sente in colpa
per
quella vita
che
all’altro già fu tolta.

La morte, è ver, fa male,
ma al vivo fa più torto,
perché egli vive sapendo
che un altro già è morto; 
e il ricordo duole
più della stessa morte, 
perché sulla coscienza
il peso
di una migliore sorte
toccata sì per caso 
la serenità
tiene in sospeso.

Non puoi viver  
e finta far di nulla:
la memoria, questa bulla,
t’insegue e ti disturba
finché l’anima ti turba.

Però vivi!
Vivi ancor, vivente della vita,
ché e a morir ci andiamo tutti: 
vecchi, giovani, belli e brutti.
E se in colpa tu ti senti
puoi pensar che in fin dei conti,
prima o poi sarà finita.

Macellum

Sono una donna
a pezzi.
Pezzi di carne, 
pezzi di scambio, 
pezzi di nulla.
Prego, 
inizia il banchetto, 
favorite questi miei pezzi e
buon appetito, 
pezzi di merda.

Sono una donna a pezzi.
Sto ancora rimettendomi insieme.
Non ho colla e non ho nulla, 
non ho idea di come farò.

Sono a pezzi!
Ecco me al completo nel 
migliore dei ritratti:
donna scomposta, martoriata, 
con pezzi di stomaco
sparsi sul pavimento.

L’artista si è divertito.

Cammino sui miei pezzi
come rovine di una città antica
a cui ne avete sottratti altri, 
con la scusa del souvenir.
Vaffanculo! Teneteveli pure
questi pezzi miei bastardi
che
non vi servono a niente.
La mia donna a pezzi resiste
e resisterà.

15.11.2019